Diritto alla casa

Diritto alla casa

Il diritto all’abitazione viene sancito per la prima volta nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, promossa dalle Nazione Unite e firmata nel 1948,  dove all’art. 25 viene incluso nel più ampio diritto ad uno standard di vita adeguato:  “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e si ai servizi sociali necessari (..)”.
Il diritto all’abitazione così definito viene inserito anche nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966 che parla specificatamente di diritto ad uno standard di vita adeguato che include alimentazione, vestiario e abitazione.
Per arrivare ad una statuizione autonoma di housing right bisogna, però, attendere la Convenzione internazionale su Diritti Economici, Sociali e Culturali, che insieme ai General Comments 4 e 7,   ha identificato il contenuto del diritto all’abitazione oggi condiviso a livello internazionale. Il diritto all’abitazione trova, quindi, una sua definizione che lo discosta sia dal diritto di proprietà, garantendo il diritto all’abitazione un raggio di protezione più ampio, sia dal diritto alla terra.

L’adeguate housing si costituisce di 7 elementi essenziali (General Comments n.4) che mirano a comprendere diversi aspetti legati all’abitazione definita come un luogo sicuro dove vivere in pace e dignitosamente:

– Garanzia del godimento (Legal Security of Tenure): intesa come garanzia di una protezione legale contro sfratti, vessazioni e altre minacce. Secondo la CESCR, infatti, anche qualora lo sfratto sia legittimo è necessario che la legislazione statale predisponga determinate garanzie procedurali (ragionevole preavviso, divieto di sgombero in condizioni meteorologiche avverse); inoltre è sempre necessario che vengano vagliate tutte le possibili alternative prima di procedere con uno sgombero e minimizzare l’uso della forza.

– Disponibilità dei servizi, materiali, agevolazioni ed infrastrutture (Availability of Services, Materials, Facilities and Infrastructures): intesa come possibilità per i beneficiari dell’abitazione di accedere alle risorse naturali comuni come acqua potabile, energia per cucinare, riscaldamento e luce, misure igieniche e per la pulizia, mezzi di conservazione per gli alimenti,  smaltimento dei rifiuti,  fognature ed ai servizi di emergenza e, più in generale a tutti i mezzi disponibili per garantire salute, sicurezza, comfort e alimentazione. Nonostante quanto detto, viene affermato dalla CESCR che la mancata erogazione di servizi minimi essenziali non determina la violazione del diritto all’abitazione adeguata.

– Accessibilità economica  (Affordability): intesa come garanzia che i costi dell’abitazione siano così elevati da compromettere la capacità degli occupanti di accedere ad altri beni di prima necessità (alimentazione, vestiario) o minacciare il godimento di altri diritti umani  (istruzione, salute). Secondo quanto disposto dalla CESCR, gli stati sottoscrittori dovrebbero predisporre aiuti finanziari adeguati per coloro che non possono permettersi un’abitazione e stabilire delle garanzie per i conduttori al fine di evitare aumenti irragionevoli degli affitti sia in ambito privato che pubblico.

– Abitabilità (Habitability): intesa come garanzia della sicurezza fisica attraverso uno spazio vitale che sia congruo, stabile strutturalmente e salubre.

– Facilità di accesso(Accessibility): intesa come garanzia dei bisogni specifici delle persone più svantaggiate e marginalizzate, con particolare attenzione ad anziani, bambini, persone con disabilità fisiche, malati terminali o sieropositivi, persone con disabilità mentali, con malattie croniche, vittime di disastri naturali o che vivono in zone di rischio, a cui deve essere garantita una priorità di accesso all’abitazione.

– Collocazione (Location): intesa come attenzione nella ricollocazione di persone in seguito a  sfratti o di disastri naturali. Si vuole, infatti, evitare che i nuovi insediamenti siano costruiti ad una significativa distanza dalle abitazioni e dalle comunità di origine.

– Adeguatezza culturale(Cultural Adeguacy): intesa come attenzione all’identità culturale. Nello specifico, per quanto possibile, il modo in cui sono costruite le abitazioni, i materiali e le politiche gestionali devono rendere possibile l’espressione della dimensione culturale degli abitanti.

OBBLIGHI IN CAPO AGLI STATI

Nonostante l’ampia definizione derivante dalle fonti internazionali sovracitate, queste non comportano per gli Stati degli obblighi specifici. Non è richiesto, infatti, che gli Stati provvedano attraverso la costruzione di  abitazione per l’intera popolazione al fine di eliminare immediatamente il problema dei senza tetto. Tuttavia sono previsti degli obiettivi programmatici che comportano l’attivazione degli Stati attraverso la predisposizione di politiche adeguate per realizzare il diritto di ogni individuo nel minor tempo possibile ed entro il massimo delle risorse disponibili. Inoltre sono previsti degli specifici obblighi di monitoraggio rispetto alle categorie particolarmente vulnerabili.

CARTA SOCIALE EUROPEA:
Anche all’interno della Carta Sociale Europea ( trattato del Consiglio di Europa, adottato nel 1961 e ratificato in Italia con legge n. 30 del 1999) viene disciplinato il diritto all’abitazione insieme all’indicazione degli obblighi riservati agli Stati al fine di garantirne l’esercizio effettivo.

Gli obblighi, sono contenuti all’art. 31 e sono così riassunti:
– favorire l’accesso ad una abitazione di livello sufficiente
– prevenire e ridurre lo stato di senza tetto in vista di eliminarlo gradualmente
– a rendere il costo dell’abitazione accessibile alle persone che dispongono di risorse sufficienti

La mancanza di meccanismi diretti di giustiziabilità del diritto all’abitazione è un problema che accomuna la gran parte dei diritti sociali: nonostante siano ampiamente riconosciuti in quasi tutte le convenzioni internazionali, difficilmente poi gli Stati ratificanti si adoperano per renderli effettivi. Le ragioni hanno sicuramente un origine storica e politica e soprattutto vanno ricercate nell’ormai sorpassata teoria per cui l’attuazione dei diritti sociali dipenderebbe esclusivamente dalla discrezionalità dei governi, poiché strettamente legata a scelte di opportunità politica e vincoli di bilancio. Per contrastare questo vuoto di tutela, da circa dieci anni, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa ha iniziato un’operazione di riforma della Carta Sociale prevedendo differenti meccanismi di controllo. In particolare il CEDS produce periodicamente dei country reports contenenti le raccomandazioni rivolte agli Stati. Inoltre dal 1998 , con un protocollo addizionale, è stato inserito un meccanismo di reclami collettivi attraverso i quali NGO riconosciute e enti operanti nel sociale possono denunciare eventuali violazioni della Carta Sociale. Le decisioni sui reclami collettivi mirano alla raccolta di precedenti giurisprudenziali che possano rendere sempre più effettive le disposizioni della Carta Sociale, al pari di quanto già avviene per la CEDU.  Il comitato ha, infatti, affermato in diversi reclami che gli Stati citati devono sforzarsi di  raggiungere gli obiettivi della Carta entro una data di scadenza, in termini progressivi e misurabili.

IL DIRITTO ALL’ABITAZIONE NELLE FONTI NAZIONALI
In Italia, contrariamente ad altri paesi europei, non è presente nel dettato costituzionale una norma che sancisca il diritto all’abitazione come diritto sociale espressamente riconosciuto. La giurisprudenza costituzionale ha iniziato a delineare i contorni di tale diritto agli inizi degli anni 80, ma sempre collocandolo in una posizione servente per l’affermazione di altri diritti ad esso collegati. La prima sentenza della Corte Costituzionale in cui ritroviamo un richiamo del diritto all’abitazione è la 252/1983, dove la casa è riconosciuta come bene primario dell’individuo. Successivamente, con le sentenze 49/1987, 217/1988 e 404/1988, si affermerà il carattere inviolabile del diritto all’abitazione e la sussistenza di un generale dovere da parte della collettività di impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione. Nonostante la giurisprudenza costituzionale, nelle sue sentenze, abbia cercato di delineare il più possibile i contorni di tale diritto, ancorandolo agli art. 2, 3 e 47 cost. e quindi includendolo nella sfera dei diritti inviolabili della persona, manca ancora oggi una chiara definizione del contenuto minimo essenziale di tale diritto rendendone impossibile la diretta rivendicazione in sede giurisprudenziale.
Il diritto all’abitazione, non risulta quindi un diritto soggettivo assoluto e direttamente tutelabile, ma rilevante se condizione necessaria per l’affermazione di altri diritti quali il diritto alla salute (accesso gratuito alla cure mediche subordinato alla sussistenza della residenza) o il diritto alla pari tutela del rapporto di convivenza fuori dal matrimonio rispetto a quella all’interno del matrimonio come sancito nella sent 404/1988.
Non risulta, però,  configurabile un obbligo in capo al proprietario a contrarre con chi abbia un esigenza abitativa, ne è possibile ricavare un diritto per i soggetti meno abbienti a chiedere finanziamenti statali per l’acquisto della prima casa di abitazione. In merito la giurisprudenza costituzionale si è espressa nelle recenti sentenze 423/2004, 118/2006, 137/2007. Si deduce quindi, che nel nostro assetto costituzionale, il diritto all’abitazione viene considerato realizzabile in proporzione alle risorse delle collettività, lasciando al legislatore e al corpo politico la libertà di decidere se e in che termini attuarlo.
Nel nostro ordinamento, questo comporta una disomogeneità nell’attuazione tra il livello nazionale e quello regionale. Tra la normativa maggiormente interessante si segnala il Piano di edilizia abitativa approvato nel 2009 (d.p.c.m 16 luglio 2009) e la creazione di un Fondo nazionale per il sostegno all’affitto. Il Piano si propone l’obiettivo di rilanciare l’edilizia sociale attraverso il ripensamento delle forme di programmazione e gestione degli interventi edilizi coadiuvato da nuovi finanziatori (banche, fondazioni e privati) sia a livello centrale che locale attraverso un coordinamento tra Regioni, Enti locali e Ministero delle infrastrutture con il compito di individuare programmi di intervento specifici definiti attraverso una previa selezione di richieste che risultano maggiormente identificative dei diversi disagi abitativi.
Per garantire risposte specifiche, il Piano nazionale dell’edilizia abitativa, propone differenti strumenti d’intervento modulabili a seconda delle diverse esigenze: dall’affidamento ai fondi immobiliari alla concessione di costruzione e gestione. In relazione alle domande di alloggi in affitto, il Piano si propone di essere uno strumento versatile, destinato a soddisfare in modo eguale tutte le richieste di differente natura (famiglie a basso reddito, giovani coppie a basso reddito, anziani in condizioni svantaggiate, studenti, sfrattati) assumendo come principio generale la regola per cui il contributo finanziario pubblico destinato alla realizzazione dell’immobile o del canone di locazione va graduato riferendosi alla condizione di bisogno degli inquilini. Sul piano dell’attuazione, però, la scarsità di risorse rende sempre più difficoltoso per gli enti locali impegnare in modo proficuo i finanziamenti previsti, con la conseguente esclusione di un ingente numero di richieste.
A livello regionale e locale segnaliamo due interventi amministrativi di particolare rilevanza finalizzati, il primo, al recupero del patrimonio immobiliare e il secondo alla prevenzione degli sfratti per morosità. Con legge regionale 11 Dicembre 1998 n 55, la regione Lazio ha previsto un meccanismo di individuazione di immobili inutilizzati o in evidente stato di degrado di proprietà di enti pubblici o soggetti privati. L’individuazione, che considera con maggior priorità gli immobili ubicati nei centri storici, risulta di competenza della Regione, delle province, dei comuni, degli istituti autonomi per le case popolari e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Gli immobili individuati vengono assegnati, attraverso regolare bando di concorso, a cooperative di autorecupero e/o autocostruzione che provvedono alla ristrutturazione al fine di un utilizzo nell’ambito della residenzialità pubblica.
Il secondo intervento si configura in un protocollo d’intesa promosso dalla prefettura di Bologna, Regione dell’Emilia-Romagna, Provincia di Bologna, Comuni, Ordine degli Avvocati di Bologna, sindacati e associazioni di tutela per proprietari e inquilini e istituti di credito e fondazioni bancarie.
Il protocollo, attuato il 30 Ottobre 2012, è finalizzato a concretizzare misure straordinarie di prevenzione per gli sfratti di morosità attraverso la possibilità di accedere ad un contributo a fondo perduto per il saldo del canone di affitto arretrato al fine di evitare la convalida di sfratto ovvero, qualora sussistesse una convalida di sfratto non ancora eseguita, per il pagamento di 2/3 della caparra di un nuovo alloggio.
Parallelamente alle tutele di natura amministrativa, il legislatore ha voluto incidere anche nella contrattazione tra privati con l’intento di assegnare al bene oggetto di contratti di compravendita un valore peculiare. In questa prospettiva si inserisce il d.l 31 gennaio 2007, convertito in legge 2 aprile 2007, n 40  riguardante la possibilità di estinzione anticipata del mutuo contratto per l’acquisto o la ristrutturazione della propria casa di abitazione, senza il dovere di corresponsione di una penale.

Fonte: Avvocato di strada Onlus